Trattamento Farmacologico del Dolore Cronico Non Oncologico

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Trattamento farmacologico del dolore cronico non oncologico – A cura del Dott. Emanuele Sbacchi e del Dott. Martino Bussa

  1. farmaci analgesici non oppioidi
  2. farmaci analgesici oppioidi
  3. antidepressivi
  4. anticonvulsivanti

Farmaci Analgesici Non Oppiodi

I farmaci analgesici non oppioidi si suddividono in FANS (FANS non selettivi, e inibitori selettivi della COX-2) e paracetamolo.

I FANS sono una categoria di farmaci caratterizzati da una azione antinfiammatoria, analgesica e antipiretica.

Gli effetti farmacologici dei FANS sono dovuti all’inibizione della ciclossigenasi (COX) e alla riduzione della sintesi delle prostaglandine (PGs), cui consegue una riduzione dell’infiammazione, del dolore e abbassamento della temperatura negli stati febbrili.

Le prostaglandine rilasciate durante la risposta infiammatoria riducono la soglia di attivazione dei canali del sodio tetradotossina-resistenti.

La maggior parte dei FANS sono assorbiti rapidamente dopo somministrazione orale (elevata biodisponibilità orale), si legano alle proteine plasmatiche per il 95-99%, tipicamente all’albumina, e possono spiazzare altri farmaci se competono per lo stesso sito di legame, hanno un piccolo volume di distribuzione.

La biotrasformazione è epatica e l’escrezione renale.

Tutti i FANS presentano un effetto tetto, per cui la somministrazione del farmaco oltre la dose terapeutica non ne aumenta l’effetto analgesico, ma solo gli eventi avversi.

La maggior parte dei FANS sono inibitori competitivi, reversibili del sito attivo della COX. Tuttavia, l’aspirina acetila l’enzima e lo inibisce irreversibilmente.

In una recente metanalisi (Lancet 2013), l’uso regolare di ibuprofene, diclofenac, celecoxib e etorocoxib è associato a un aumento del rischio di infarto miocardico e malattia coronarica, diversamente dal naprossene.

Tutti i FANS sono associati con un aumento del rischio di scompenso cardiaco, ma non c’e evidenza di un aumento del rischio di stroke.

I FANS sono associati a tossicità gastrointestinale grave (il rischio maggiore è per gli anziani) e renale.

L’associazione FANS e acido acetilsalicilico a basso dosaggio aumenta il rischio di effetti gastrointestinali.

Tutti i FANS sono controindicati nello scompenso cardiaco grave.

La nota 66 AIFA regolamenta la prescrizione dei FANS.

La prescrizione dei FANS è limitata a: artropatie su base connettivitica, osteoartrosi in fase algica o infiammatoria, dolore neoplastico, attacco acuto di gotta.

I FANS sono epatotossici e la nimesulide ha un rischio epatotossico maggiore degli altri FANS ed è controindicata nei pazienti epatopatici, con storia di abuso di alcol e in combinazione con altri farmaci epatotossici.

A causa della sua tossicità epatica, la nimesulide va prescritta esclusivamente per il trattamento di seconda linea ed è indicata soltanto per il trattamento del dolore acuto.

I FANS devono essere usati con cautela negli anziani, nelle patologie allergiche, durante la gravidanza, l’allattamento, nei difetti della coagulazione, nei soggetti con insufficienza renale.

I FANS e gli inibitori selettivi della COX-2 possono interagire con gli anticoagulanti orali (antagonisti della vitamina K) aumentando l’INR ed esponendo il paziente al rischio di un evento emorragico. I FANS possono diminuire l’efficacia dei farmaci antipertensivi.

Un effetto analgesico si ottiene in una settimana, mentre per un effetto antinfiammatorio completo servono spesso anche tre settimane.

Si raccomanda di utilizzare i FANS e gli inibitori selettivi della COX-2 alla dose minima efficace e per il periodo più breve possibile e, nel caso di trattamento a lungo termine, di considerarne periodicamente la necessità.

Raccomandazioni delle linee guida sulla gestione del dolore cronico della SIGN (Scottish Intercollegiate Guidelines Network): Considerare il rischio cardiovascolare e gastrointestinale quando si intraprende una terapia con farmaci antiinfiammatori steroidei.

I farmaci antinfiammatori non steroidei dovrebbero essere presi in considerazione nel trattamento della lombalgia cronica non specifica.

Paracetamolo

È un farmaco analgesico-antipiretico. Ha effetti analgesici ed antipiretici simili a quelli dell’aspirina, ma è privo di attività antinfiammatoria.

Il paracetamolo inibisce principalmente la sintesi delle prostaglandine nel sistema nervoso centrale, cui segue l’effetto analgesico e antipiretico.

È stato ipotizzato il coinvolgimento del sistema cannabinoide e del sistema serotoninergico nell’analgesia da paracetamolo.

Il paracetamolo per via orale mostra un’eccellente biodisponibilità.

Il picco di concentrazione plasmatica si raggiunge entro 30-60 minuti e l’emivita plasmatica è pari a circa 2 ore in seguito alla somministrazione a dosi terapeutiche.

Il legame con le proteine plasmatiche è variabile, ma inferiore a quello dei FANS tradizionali (20-50%). Circa il 60 % della dose è escreta nelle urine in seguito a coniugazione epatica con acido glucuronico, circa il 35% della dose è escreta nelle urine in seguito a coniugazione epatica con l’acido solforico, circa il 3% è escreto nelle urine coniugato con la cisteina.

Una piccola parte subisce una N-idrossilazione mediata dal citocromo Cit P450 con la formazione di N-acetil-p-benzochinonimina (NAPQI), un composto intermedio altamente reattivo. Questo metabolita tossico reagisce normalmente con i gruppi SH del glutatione (GSH) e diventa cosi inattivo.

Tuttavia, dopo ingestione di alte dosi di paracetamolo, aumenta la quantità di metabolita reattivo prodotto fino ad esaurimento del glutatione; avvenuta la deplezione di glutatione, il metabolita reattivo si lega covalentemente alle macromolecole cellulari e causa la necrosi epatica centrolobulare.

Il paracetamolo è ben tollerato alle dosi terapeutiche e si associa a una bassa incidenza di effetti collaterali gastrointestinali.

Occasionalmente si verificano rash cutanei o altri tipi di reazioni allergiche. Il rash cutaneo è di tipo eritematoso o orticarioide.

Un sovradosaggio acuto può causare gravi danni epatici e i casi di intossicazione da paracetamolo sono in aumento.

Il paracetamolo rappresenta il trattamento di prima linea per il controllo del dolore da lieve a moderato.

Il paracetamolo potenzia l’azione anticoagulante degli antagonisti della vitamina K (aumento dei valori INR).

Gli induttori degli enzimi microsomiali epatici (fenitoina, carbamazepina, fenobarbitale) possono aumentare la tossicità epatica da paracetamolo.

La malnutrizione cronica e la grave insufficienza epatica sono controindicazioni all’uso del paracetamolo.

Raccomandazioni delle linee guida sulla gestione del dolore cronico della SIGN (Scottish Intercollegiate Guidelines Network): il paracetamolo deve essere usato da solo o in combinazione con i FANS nella gestione del dolore nei pazienti con artrosi dell’anca o del ginocchio in associazione ai trattamenti non farmacologici.

Anticonvulsivanti che agiscono sui canali del calcio dei neuroni

Gabapentin:

Analogo del GABA ma il suo meccanismo d’azione differisce da quello di numerose sostanze che agiscono sul sistema gabaergico (benzodiazepine, barbiturici, valproato) in quanto non si lega al recettore GABAA e GABAB.

Il Gabapentin non interagisce con i canali del sodio voltaggio dipendenti, diversamente dalla carbamazepina e della fenitoina.

Il cibo non ha un effetto clinicamente significato sulla farmacocinetica del gabapentin.

Dopo somministrazione orale, viene rapidamente assorbito.

Il gabapentin è eliminato immodificato con le urine.

Nei pazienti anziani e nei pazienti con ridotta funzionalità renale la clearance plasmatica del gabapentin è ridotta. Nei pazienti con insufficienza renale si raccomanda un aggiustamento della dose.

Meccanismo d’azione: Il gabapentin si lega alla subunità α2δ dei canali del calcio voltaggio dipendenti, riducendo l’ingresso del calcio nei neuroni nocicettivi del sistema nervoso centrale (SNC); in tal modo si riduce il rilascio dei neurotrasmettitori eccitatori.

Effetti collaterali molto comuni (≥1/10): Infezione virale, febbre, affaticamento, sonnolenza, capogiri; la sonnolenza e i capogiri aumentano il rischio di cadute accidentali.
Controindicazioni: Gravidanza e allattamento

Interazioni farmacologiche: Oppiodi (ridurre la dose degli oppioidi o del gabapentin nei pazienti che richiedono un trattamento concomitante con oppioidi per il rischio di depressione del SNC, sedazione, sonnolenza, depressione respiratoria); antiacidi contenenti alluminio e magnesio (riducono la biodisponibilità del gabapentin).

Indicazioni: trattamento del dolore neuropatico periferico, quali la neuropatia diabetica dolorosa e la nevralgia posterpetica.

Raccomandazione: Il gabapentin è raccomandato come farmaco di prima scelta nel trattamento del dolore cronico neuropatico

Pregabalin:

Analogo del GABA, agisce legandosi alla subunità α2δ dei canali del calcio voltaggio dipendenti dei neuroni nocicettivi centrali e periferici, riducendo l’ingresso del calcio.

Dopo somministrazione orale, il pregabalin viene assorbito rapidamente. Il suo metabolismo è trascurabile, viene eliminato immodificato con le urine.

Effetti collaterali molto comuni (≥1/100): Capogiri, sonnolenza, cefalea

Effetti collaterali comuni (≥1/100): Vomito, nausea, alterazioni dell’alvo, distensione addominale, vertigini, offuscamento della vista, atassia, rinofaringite, aumento dell’appetito, confusione, disorientamento, insonnia, compromissione della memoria, riduzione dell’attenzione, riduzione della libido.

Controindicazioni: Gravidanza e allattamento

Interazioni farmacologiche: Farmaci depressivi del sistema nervoso centrale (SNC), quali etanolo, benzodiazepine, oppiodi

Indicazioni: Trattamento del dolore neuropatico periferico e centrale

Raccomandazione: Il pregabalin è raccomandato come farmaco di prima scelta per il trattamento del dolore neuropatico cronico.

Nota 4 AIFA: La prescrizione a carico del SSN è limitata ai pazienti con dolore grave e persistente dovuto alle seguenti patologie documentate dal quadro clinico e/o strumentale: nevralgia posterpetica correlabile clinicamente e topograficamente a infezione da Herpes zoster; neuropatia associata a malattia neoplastica; dolore post-ictus o da lesione midollare; polineuropatie, multineuropatie, mononeuropatie dolorose, limitatamente ai pazienti nei quali l’impiego degli antidepressivi triciclici (amitriptilina, clomipramina) e della carbamazepina sia controindicato o risulti inefficace (gabapentin, pregabalin); neuropatia diabetica (duloxetina, gabapentin, pregabalin).

Farmaci antidepressivi

Gli antidepressivi triciclici (TCA) e gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina e della noradrenalina (SSNRI) producono entrambi effetti antidepressivi e analgesici.

Le dosi di TCA usate per alleviare il dolore sono in genere più basse di quelle efficaci per trattare la depressione. Questo, comunque, non è valido per gli SSNRI.

La loro azione analgesica è legata al potenziamento della via discendente inibitoria, tramite l’inibizione presinaptica del reuptake della serotonina e della norepinefrina, neurotrasmettitori monoaminergici. I triciclici hanno un secondo meccanismo d’azione: bloccano i canali periferici del sodio voltaggio dipendenti.

Antidepressivi triciclici

Amitriptilina

L’amitriptilina è assorbita bene per via orale, viene metabolizzata dagli enzimi microsomiali epatici, viene eliminata per via renale; l’eliminazione renale è più rapida con l’acidificazione delle urine.

Il farmaco può provocare ipotensione ortostatica, aumento della glicemia, agranulocitosi, modificazioni degli indici di funzionalità epatica (aumento delle transaminasi, della fosfatasi alcalina), prolungamento del QT.

È raccomandabile eseguire controlli periodici della pressione arteriosa, della glicemia, della crasi ematica, della funzionalità epatica e renale.

È richiesta una stretta sorveglianza clinica e strumentale nei pazienti cardiopatici, nei pazienti ipertiroidei o in trattamento con ormoni tiroidei, negli anziani, nei pazienti in trattamento con alti dosi di antidepressivo.

Gli antidepressivi triciclici possono abbassare la soglia convulsiva. Aumentano il rischio di fratture ossee.

Effetti collaterali: Secchezza delle fauci, stipsi, midriasi, ritenzione d’urina (effetti antimuscarinici); ipotensione ortostatica (blocco dei recettori adrenergici); sedazione (blocco dei recettori istaminergici H1); prurito, orticaria, edema della faccia e della lingua. Gli effetti collaterali antimuscarinici possono attenuarsi durante la terapia o essere controllati con la riduzione della posologia.

Controindicazioni: Glaucoma, ipertrofia prostatica, disturbo del ritmo e della conduzione miocardica, scompenso cardiaco, malattie epatiche, terapia con inibitori delle monoaminossidasi (IMAO), gravidanza, allattamento.

Interazioni farmacologiche: gli antidepressivi triciclici non devono essere associati agli inibitori delle MAO per il rischio di comparsa di sindrome serotoninergica (ipertermia, convulsioni, coma); gli antidepressivi triciclici aumentano l’azione dei farmaci ad azione depressiva, come ipnotici, sedativi, ansiolitici; i farmaci inibitori del citocromo P450 (fenotiazine, aloperidolo, cimetidina) aumentano la concentrazione ematica dei farmaci triciclici.

Indicazione: Profilassi dell’emicrania e delle cefalee ricorrenti o croniche; trattamento del dolore neuropatico periferico.

Raccomandazione: I triciclici sono raccomandati come farmaci di prima scelta nel trattamento del dolore cronico neuropatico.

Inibitori selettivi del reuptake serotonina e noradrenalina (SNRI)

Duloxetina

La duloxetina è un farmaco inibitore selettivo del reuptake di serotonina e noradrenalina, con nessuna affinità significativa per i recettori muscarinici, adrenergici, istaminergici, dopaminergici.

Gli SNRI sono noti come antidepressivi di seconda generazione e mostrano un profilo di tollerabilità maggiore rispetto ai farmaci triciclici.

La duloxetina viene metabolizzata a livello epatico, i metaboliti escreti per via renale.

Controindicazioni: Terapia con IMAO o potenti inibitori del citocromo CYP1A2 (fluvoxamina, ciprofloxacina), insufficienza renale grave (clearance della creatinina <30ml/min), ipertensione non controllata, epatopatia, gravidanza.

Interazioni farmacologiche: IMAO (sindrome serotoninergica); anticoagulanti orali e antiaggreganti piastrinici (aumento del rischio di sanguinamento); farmaci metabolizzati dal citocromo CYP2D6 (risperidone, flecainide, metoprololo, propafenone) in quando la duloxetina è un inibitore moderato del CYP2D6; si consiglia cautela quando la duloxetina è somministrata in associazione a questi farmaci. In base all’emivita della duloxetina, prima di iniziare una terapia con IMAO, si devono attendere almeno 5 giorni dopo la sospensione della duloxetina; non somministrare duloxetina entro i 14 giorni successivi alla sospensione della terapia con un IMAO.

Effetti collaterali molto comuni: Cefalea, sonnolenza, nausea, secchezza della bocca

Effetti collaterali comuni: Diminuzione dell’appetito, insonnia, agitazione, diminuzione della libido, aumento della pressione sanguigna, palpitazioni visione offuscata, capogiri, stipsi, diarrea, dolore addominale, disfunzione erettile, eiaculazione ritardata, eruzione cutanea, dolore muscolo-scheletrico.
L’iposodiemia è un effetto collaterale raro descritto soprattutto negli anziani, probabilmente dovuta a una sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico (ADH).

Raccomandazione: La duloxetina è raccomandata come farmaco di prima scelta nel trattamento del dolore cronico neuropatico.

Nota 4 AIFA
La duloxetina è autorizzata soltanto per il trattamento della neuropatia diabetica

Farmaci analgesici oppiodi

Gli oppiodi sono una classe di farmaci che modulano la nocicezione agendo a livello spinale e sovraspinale.

Essi vengono classificati come deboli (bassa potenza) o forti (alta potenza) in relazione alla loro attività intrinseca sul recettore μ (mu).

Le linee guida NeuPSIG/IASP raccomandano gli oppiodi a bassa potenza (tramadolo) come trattamento di seconda linea e gli oppioidi ad alta potenza (ossicodone, morfina) come trattamento di terza linea nel trattamento del dolore cronico neuropatico (raccomandazione debole secondo il metodo GRADE).

Meccanismo d’azione: Gli oppiodi agiscono legandosi a specifici recettori del sistema nervoso centrale (i recettori μ). I recettori μ presenti a livello della membrana pre-sinaptica determinano una riduzione della liberazione dei neurotrasmettitori eccitatori, mentre i recettori μ presenti a livello della membrana post-sinaptica determinano l’iperpolarizzazione della stessa.

Il tramadolo è sia un agonista oppioide debole sia un inibitore del reuptake della serotonina e della noradrenalina, agendo sul sistema inibitorio discendente.

Il tapentadolo è un nuovo analgesico centrale che presenta un’attività agonista sui recettori μ e di inibizione della ricaptazione sinaptica della noradrenalina. L’affinità del tapentadolo per i recettori μ è più bassa di quella della morfina.

Nonostante ciò, il duplice meccanismo d’azione sinergico del tapentadolo produce un potente effetto analgesico.

Il tapentadolo è un potente inibitore del trasportatore sinaptico della noradrenalina. In trials clinici, il tapentadolo ha alleviato il dolore nella neuropatia diabetica in modo significativo rispetto al placebo.

Farmacocinetica: Il tramadolo è un oppioide racemico metabolizzato soprattutto dal citocromo CYP2D6, il cui gene è altamente polimorfico; il 5-15% della popolazione bianca è costituito da “metabolizzatori lenti” che sono incapaci di trasformare il tramadolo nel metabolita attivo O-desmetiltramadolo che presenta un’affinità per i recettori μ quasi 200 volte quella del composto base.

Man mano che il tramadolo viene metabolizzato a livello epatico si riduce l’attività di inibizione della ricaptazione della noradrenalina e della serotonina, legata sopratutto agli enantiomeri.

I soggetti metabolizzatori lenti richiedono dosi più elevate di tramadolo.

Nei soggetti con severa alterazione della funzionalità epatica e renale l’eliminazione del tramadolo e dei metaboliti è prolungata.

Nei soggetti con filtrato <30 ml/min, una riduzione delle dosi e un prolungamento degli intervalli di somministrazione sono necessari.

Il polimorfismo genetico del CYP2D6 influenza anche il metabolismo della codeina. La codeina è un profarmaco che per esercitare il suo effetto analgesico deve essere convertita a morfina dal CYP2D6.

Nei pazienti definiti “metabolizzatori lenti” la codeina è inefficace come analgesico, mentre i pazienti “metabolizzatori ultra-rapidi“, presentano concentrazioni plasmatiche di morfina più elevate, con aumento del rischio di reazioni avverse.

Nei pazienti in insufficienza renale al terzo stadio è indicata un aumento dell’intervallo tra due somministrazioni che deve essere almeno di 8 ore.

L’ossicodone viene metabolizzato a norossicodone dal CYP3A4, a ossimorfone dal CYP2D6. Quest’ultimo si forma in piccolissime quantità, pertanto l’importanza clinica di questo metabolita è discutibile. L’ossicodone è 2 volte più potente della morfina mentre il suo metabolita norossicodone è un agonista debole dei recettori μ.

Le concentrazioni plasmatiche di ossicodone e norossicodone aumentano nell’insufficienza renale per cui è necessaria una lenta titolazione a basse dosi con intervalli di somministrazione prolungati sotto stretto controllo clinico.

Il fentanyl è un oppioide all’incirca 100 volte più potente della morfina. La metabolizzazione epatica da parte del CYP3A4 non produce metaboliti farmacologicamente attivi. Gli inibitori del CYP3A4, come gli antifungini (ketoconazolo, itraconazolo, fluconazolo) influenzano il metabolismo epatico del fentanyl, con aumento dell’effetto terapeutico e degli effetti collaterali. È disponibile in cerotti transdermici per il dolore cronico severo.

Raccomandazione: Gli oppioidi possono essere usati efficacemente contro il dolore neuropatico quando gli altri farmaci analgesici non sono stati efficaci o quando è necessario un più rapido sollievo dal dolore.

Quando si inizia la terapia con gli oppioidi, gli oppiodi a bassa potenza devono essere usati per prima.

Gli oppioidi ad alta potenza devono essere usati quando gli oppioidi a bassa potenza sono inefficaci o insufficientemente efficaci.

Gli oppioidi devono essere somministrati tramite formulazione orale a rilascio controllato o sistemi transdermici (Binder A, Baron R. Dtsch Arztebl In 2016).

Secondo le linee guida sulla gestione del dolore cronico della SIGN (Scottish Intercollegiate Guidelines Network) gli oppioidi forti devono essere considerati una possibilità terapeutica per il sollievo del dolore nei pazienti con lombalgia cronica o con osteoartrosi, e continuati se il sollievo del dolore è continuo.

I pazienti devono essere informati dei comuni effetti collaterali, come nausea, vomito, stipsi.

Considerare l’uso di un antiemetico all’inizio della terapia.

La tolleranza alla stipsi spesso non si sviluppa.

Viene suggerita l’associazione di uno stimolante (es. senna) o di un softener (es. polietilenglicole) o l’uso di preparazioni che meno probabilmente causano effetti gastrointestinali.

Se gli effetti collaterali a carico del sistema nervoso centrale (sedazione, confusione, riduzione della concentrazione, della memoria) non si risolvono, ridurre la dose dell’oppioide o sostituire un oppioide con un altro (rotazione degli oppioidi).

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